
Viaggiare in Camper: più di un’avventura, uno stile di vita
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8 Maggio, 2025“Ah, quindi in camper mangiate panini, vero? O magari scatolette riscaldate…”
Se avessimo ricevuto un euro ogni volta che qualcuno ci ha rivolto questa domanda, oggi vi scriveremmo dal nostro nuovo MotorHome, parcheggiati vista mare, con una bottiglia di bollicine in fresco e una padella fumante sul fuoco.
Perché sì, per i non-camperisti il mondo dei viaggiatori su ruote è ancora avvolto da leggende metropolitane. Una delle più diffuse – e più dure a morire – è proprio questa: che in camper si mangi male. O peggio, che si “tiri a campare”.
Insomma, ci immaginano lì, sotto la pioggia, con un apriscatole arrugginito e una fetta di pane molle sulla gamba, mentre riscaldiamo una zuppa triste direttamente dalla lattina.
Spoiler: la realtà è molto più saporita.
Il camper, per chi non lo sapesse, non è solo un mezzo di trasporto. È una casa mobile, un rifugio personale, un ristorante con ruote e vista panoramica. È il luogo dove possiamo fermarci ovunque e sentirci a casa, anche a mille chilometri dalla nostra cucina di tutti i giorni.
Ma la cucina, in camper, non è affatto “di fortuna”.
È piccola, certo. Compatibile con gli spazi. Ma è funzionale, completa, e spesso più efficiente di molte cucine domestiche: abbiamo un frigo, e si anche il congelatore, poi il forno, il lavello, l’acqua calda, il piano cottura, più tutti gli accessori come tutte le case (minipimer, Bimby, Spremiagrumi, Macchine per il ghiaccio, bollitori, macchine per caffe, ecc.)
E allora diciamolo una volta per tutte:
in camper si mangia bene. Ma bene sul serio.
Non ci credete? Allora venite a farvi un giro in un’area sosta durante il tramonto. Sentirete i profumi uscire da ogni finestra: cipolla che soffrigge, pane appena scaldato, torte salate in forno, caffè che borbotta nella moka, e magari anche un’arista al rosmarino che cuoce lentamente, mentre qualcuno apparecchia il tavolo all’aperto con una tovaglia a quadri e due calici da vino.
Il camperista è uno chef itinerante, che non rinuncia al gusto solo perché ha deciso di muoversi.
Anzi, spesso è proprio in viaggio che riscopre il piacere di cucinare. Perché il cibo diventa parte del percorso, del paesaggio, dell’incontro.
Compriamo formaggi freschi nei caseifici locali, vino sfuso nelle cantine, pesce al porto alle sei di mattina, pane ancora caldo nei forni artigianali.
E non è raro che una semplice sosta si trasformi in una cena inaspettata, dove camperisti che si conoscono da cinque minuti si scambiano ricette, spezie, bottiglie e storie.
Una carbonara fatta con uova appena raccolte e guanciale del posto? Meglio di un ristorante.
Una grigliata improvvisata al tramonto con vista sul mare? Impagabile.
Ci sono camperisti che viaggiano con la macchina del caffè a leva, chi ha la friggitrice ad aria, chi il frullatore portatile per fare smoothie con la frutta di stagione, e persino chi ha trovato spazio per la macchina per la pasta fatta in casa.
E poi ci sono i riti:
• Il caffè del mattino, bevuto in ciabatte davanti al lago.
• La pasta della domenica, preparata lentamente mentre fuori piove.
• Il bicchiere di vino al tramonto, seduti su una sedia pieghevole, con vista sulle Dolomiti.
Il cibo, in camper, non è un compromesso. È un’esperienza, un piacere, un modo di abitare la strada.
Quindi no, non mangiamo solo panini.
Ma se capita, è perché abbiamo scelto di farlo, e sarà un panino con salame di cinghiale tagliato al coltello, pecorino stagionato, con 2 o3 belle fette di soppressata calabrese, mangiando seduti sulla scogliera, con il mare che canta sotto.
E se proprio ci serve una scatoletta… sarà di tonno rosso siciliano, pescato a mano e sott’olio EVO, comprata in quella bottega microscopica in Sicilia dove ci hanno pure offerto un assaggio e raccontato la storia della tonnara.
Insomma, il camperista non si accontenta.
Sceglie, prepara, cucina e condivide. Con calma, con gusto, con vista.
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I 2 Poli d’Italia – dove ogni viaggio è anche un viaggio di sapori. E dove, se ci chiedi ancora se mangiamo in scatola, ti rispondiamo: “Sì, ma di tartufo, grazie.”